Incontro con Fabrizio Benedetti, professore ordinario di Neurofisiologia all'Università di Torino.
Tutti noi speriamo in qualcosa. Ma il malato spera più di ogni altro. E sono le parole il mezzo più importante per infondere speranza: parole empatiche, di fiducia, conforto, motivazione. Oggi la scienza ci dice che le parole sono delle potenti frecce che colpiscono precisi bersagli nel cervello, e questi bersagli sono gli stessi dei farmaci che la medicina usa nella routine clinica. Le parole innescano gli stessi meccanismi dei farmaci, e in questo si trasformano da suoni e simboli astratti in vere e proprie armi che modificano il cervello e il corpo di chi soffre. E' questo il concetto chiave che sta emergendo, e recenti scoperte lo dimostrano: le parole attivano le stesse vie biochimiche di farmaci come la morfina e l'aspirina. Uno scenario innovativo in cui le parole di speranza, ingrediente cruciale di ogni terapia, diventano parte integrante della pratica medica.